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Riccardo Cicilloni, Giacomo Paglietti

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Italian

ABSTRACT

This paper is a report of the last excavation campaign of the nuragic settlement of Brunku S’Omu, located in the territory of Villa Verde in central western Sardinia. The site, formed of a nuraghe and a large village of dry-stone huts, has been investigated several times during the period 1982 – 2004. In 2013, a new excavation campaign was carried out inside of the circular dry-stone structure named hut 16. The first results seem to suggest that such structure was used for both food preparation and metal-working activities. Pottery chrono-typological analysis dates the use of the structure to the Final Bronze Age, in accordance with the general dating of the settlement.

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IL TERRITORIO E IL SITO (R.C.)

Il territorio di Villa Verde, ubicato nella provincia di Oristano (Fig. 1), sul versante orientale del Monte Arci, è caratterizzato da una grande ricchezza di testimonianze archeologiche. Sin dal Neolitico, infatti, la zona è stata interessata da insediamenti, soprattutto per la vicinanza con i centri estrattivi dell’ossidiana del Monte Arci. È ipotizzabile che proprio la presenza di questo materiale litico, abbondantissimo nei contesti neolitici ed eneolitici sardi, abbia favorito la frequentazione dell’area, poi proseguita fino all’età protostorica e storica. 

Fig. 1 - Sardegna centro-occidentale. Localizzazione del sito di Brunku ʼe s’Omu - Villa Verde, Oristano.

 

La presenza di ossidiana nel territorio è testimoniata dal rinvenimento di varie probabili officine litiche (nelle località di Monti Ala, Is Cortillas, Santu Mauru, Punta Su Giganti, Truttiris, Bruncu S’Enna e Bruncu  Ladu) e di alcune aree di dispersione (a Mitza Margiani, Pauli Pibaras, Cuccuru Aspu, Corongiu Arrubiu, Roja Sa Menta, Punta Feurraxi, S’Ou Cuau, Serra Funtana Moi, Pranu Marradas, Su Lacu Sa Vitella), segnalate negli anni ’50 del secolo scorso (Puxeddu 1957: 48-49; Usai 2004: 204-206); strumenti litici risalenti al Neolitico Recente sono stati recentemente rinvenuti anche nelle località di Peurra Sciu, al confine con il territorio di Pau, di Paba Scusi e di Is Cortillas, a breve distanza dal nuraghe S. Mauro (Ragucci e Usai 2004). 

Il territorio era intensamente popolato anche nelle successive fasi del Bronzo e del Primo Ferro, come testimoniano i vari nuraghi della zona, di varia forma e tipo. Se ne conoscono una ventina: di tipo monotorre (Brunku s’Enna, Is Assadas A, Monti Ala, Su Cungiau de is Olias, Gergui, Sa Seddarixi, Su Scrinnigu, Trutturos, Is Cungiadeddus, S’Isca, Cabrus, Brunku Au, Is Cottilas, Brunku Puddas) e complessi (Brunku Ladu, Brunku ʼe s’Omu, Is Cortillas, Is Assadas B, Punta Su Giganti o Nuraxi Mannu, Trutturis, Giuali, S. Mauro). Tra questi si distingue, per importanza, il citato nuraghe S. Mauro, un edificio di tipo complesso circondato da un grosso insediamento. Sono stati anche individuati due pozzi nuragici, nelle vicinanze dell’area archeologica di Brunku ʼe S’Omu (Locci e Usai 2008).

Quest’ultimo sito, inserito nel parco naturalistico di Mitza Margiani, già noto in letteratura per la presenza di un’area di dispersione di ossidiane (Puxeddu 1957: 48-49), è stato indagato scientificamente a partire dagli anni ’80 del secolo scorso. L’area, collinare, è protetta immediatamente a Nord da un imponente costone roccioso costituito dal margine meridionale dell’altopiano basaltico di Pranu de Jossu - Santa Lucia e dal rilievo di Cuccuru Aspru (Fig. 2). Del complesso fanno parte un nuraghe, costituito da una torre centrale ubicata sulla sommità di una collinetta basaltica e da vari corpi aggiunti posizionati lungo i versanti del medesimo rilievo, oggetto di indagini archeologiche nel 2003 (scavi Carta-Ragucci-Usai), e un importante villaggio capannicolo, ubicato alle pendici sud-orientali della collina (Fig. 3), investigato più volte dalla Dr.ssa Emerenziana Usai della Soprintendenza per i Beni Archeologici per le province di Cagliari e Oristano negli anni 1982-1984, 1998-1999, 2001-2002, e 2004. I risultati di tali indagini di scavo sono stati parzialmente pubblicati (Puddu 1985: 280-281; Locci, Puddu e Usai 2004; Locci e Usai 2008). Non sono stati per ora individuati monumenti a carattere funerario.

Fig. 2 - Localizzazione del complesso di Brunku ʼe s’Omu alle pendici dell’altipiano di Pranu de Jossu (elab. M. Cabras).

 

Fig. 3 - Veduta generale del villaggio nuragico da SE (foto A. Mossa).

 

Gli scavi hanno permesso di individuare almeno 17 capanne (Fig. 4), edificate con massi di basalto locale in opera poligonale, tendenzialmente con probabile copertura originaria di pali e frasche ma, in qualche caso, anche con copertura litica, come sembra testimoniare l’aggetto delle pareti di alcune murature interne (ad esempio nella capanna n. 16 di seguito analizzata). L’area indagata, che ha approssimativamente un’estensione di circa 1400 mq, ha permesso di evidenziare solo una parte del villaggio, che doveva estendersi anche verso O, S ed E. Le capanne presentano vari schemi planimetrici, sono attestate: piante circolari (ad esempio nella capanna 5), ellittiche o sub-ellittiche (capanne 2, 4, 7, 10), sub-quadrangolari (come nella capanna 12). 

Fig. 4 - Planimetria generale dell’abitato nuragico e localizzazione in rosso della capanna 16 (elab. R. Cicilloni da Usai, Locci 2008).

 

Le strutture capannicole sono raggruppate tra loro, secondo un’ottica aggregativa propria delle fasi del Bronzo Finale (Paglietti 2012). Si nota inoltre un’articolazione in isolati complessi, con strutture tra loro connesse disposte in stretta relazione con uno spazio di raccordo, del tipo ‘a corte centrale’, confrontabile con vari esempi in tutta l’isola, tra i quali ad esempio gli isolati del villaggio di Brunku Madugui di Gesturi (Usai 1992). Un isolato è quello costituito dalle capanne 2-15, mentre un secondo grande isolato doveva essere ubicato a Nord del primo, costituito dalle capanne 1, 16 (qui analizzata) e 17; altre capanne (non presenti in pianta) sembrano affacciarsi su uno spazio ubicato ad Est delle capanne 1 e 16, a Nord della Capanna 5.

Si distingue, tra le capanne, la n. 5, interpretata come una ‘capanna delle riunioni’ per la sua rilevanza e per la presenza di un bancone perimetrale, luogo adibito ad assemblee dei notabili della comunità od a riunioni pubbliche, simile alle capanne evidenziate in vari villaggi nuragici del Bronzo Finale - Primo Ferro (Fenu 2008: 701-705), ad esempio a Su Nuraxi di Barumini (Lilliu e Zucca 1988: 118-120) o presso il nuraghe Palmavera di Alghero (Moravetti 1992: 83-107).

È stato possibile identificare un’unica fase di occupazione degli ambienti, corrispondente alla fase di costruzione: gli scavi stratigrafici finora effettuati hanno restituito, infatti, un livello archeologico con ceramica nuragica esclusiva del periodo del Bronzo Finale. Tra i reperti pertinenti a tale fase cronologica è da notare la presenza di brocche, orci, vasi a saliera, scodelle e scodelloni, tazze carenate, olle a labbro ingrossato, fusaiole, macinelli, oggetti in metallo come pugnaletti, grappe di piombo, spilloni e piccole asce (Locci e Usai 2008).

 

LE INDAGINI DELLA CAMPAGNA 2013: LA CAPANNA 16 (R.C.)

Nel 2013 è ripresa l’attività di scavo nell’area del villaggio. Le operazioni sono state condotte dal giorno 1 al 26 del mese di luglio, quindi interrotte e riprese poi dal giorno 1 al 11 di ottobre per il completamento delle operazioni e la messa in sicurezza delle strutture. Agli scavi, diretti scientificamente da chi scrive (concessionario ministeriale: Prot. N. 2989 del 22/03/2013), con la collaborazione del dott. Giacomo Paglietti (assegnista di ricerca dell’Università di Cagliari), hanno partecipato i seguenti studenti dell’Università di Cagliari (CC.LL. in Beni Culturali, Archeologia): L. Anedda, S. Argiolas, D. Cinus, C. Concu, L. Crobu, N. Donato, A. Ghiani, G. Marotto, V. Matta, E. Murgia, M. Piras, A. Pisano, I. Pitzalis, C. Poma, F. Porcedda, S. Sanna, F. Sciarretta. I rilievi sono stati effettuati dalla Dr.ssa Valentina Chergia (assegnista di ricerca dell’Università di Cagliari). 

Lo scavo ha riguardato essenzialmente la capanna contrassegnata dal n. 16, localizzata nella zona nord-orientale del villaggio, già evidenziata durante le precedenti indagini (Locci e Usai 2008:  527). Si tratta di un ambiente capannicolo ubicato a ridosso della capanna n. 1, con cui condivide anche parte del paramento murario, a SO. Di esso, prima delle operazioni di indagine, si intravedeva solo un segmento del paramento interno, per l’altezza di un unico filare emergente dal crollo, mentre solo intuibile era il paramento interno (Fig. 5).  Lo scavo effettuato ha messo in luce una struttura di pianta circolare, di altezza residua massima di 3,12 m (tratto di muratura settentrionale) e diametro interno alla base di 5,00/5,15 m, con uno spessore murario medio di m. 1,70 (Figg. 6-7). 

Fig. 5 - Veduta del paramento interno della capanna 16 prima delle operazioni di scavo (foto R. Cicilloni).

 

Fig. 6 - Planimetria della capanna 16 (elab. V. Chergia).

 

Fig. 7 - Sezione N-S della capanna 16 (elab. V. Chergia).

 

Purtroppo, le condizioni di conservazione delle murature non si presentano buone, a causa del crollo delle parti sommitali e di cedimenti localizzati dovuti all’azione delle radici degli alberi cresciuti negli anni proprio in corrispondenza degli apparati murari. Si localizzano quindi tratti di muratura sconnessa a NO ed a E. Per lo stesso motivo non si riesce ancora a distinguere con certezza l’ingresso, che comunque sembra da individuarsi a SE. Una grande nicchia architravata è stata poi evidenziata nel tratto di muratura a SO. 

La tecnica muraria è costituita dalla messa in opera di filari orizzontali più o meno regolari di blocchi basaltici rozzamente sbozzati. La muratura, soprattutto nel tratto settentrionale in cui si conserva meglio, presenta una curvatura marcatamente aggettante verso l’interno (Fig. 8), il che ha fatto supporre una originaria copertura ‘a falsa volta’ in lastre litiche (cfr. di seguito). Alla base, nella zona meridionale del vano, si è individuato un basolato costituito da grandi lastre giustapposte in basalto, una delle quali presenta sulla sommità, scolpito con accuratezza, un bacile con ghiera ad anello (Fig. 9). Il basolato sembra non essere presente invece nell’area settentrionale, ma qui lo scavo è ancora da completare. Le indagini all’interno della capanna hanno restituito un’interessante stratigrafia, di seguito presentata, ma, come si è scritto, lo scavo deve essere ancora ultimato.

Fig. 8 - Paramento interno della capanna 16 (foto R. Cicilloni). 

 

Fig. 9 - Bacile e basolato (foto R. Cicilloni).

 

LA STRATIGRAFIA (G.P.)

In questa prima campagna di scavo è stato effettuato un intervento stratigrafico all’interno della capanna 16 (Fig. 10). Fin dalle quote iniziali sono emerse pietre basaltiche irregolari di grandi dimensioni pertinenti al crollo dei paramenti murari e altre, di piccole dimensioni e forme regolari (a quarto di cerchio e faccia piana o tronco-piramidali), riconducibili ad una copertura litica della capanna. Analoghi conci sono stati individuati nelle capanne nuragiche del villaggio di Iloi-Sedilo (Melis, 2006: 170-174; 2012: 1387-1392) e di Sa Costa-Foresta Burgos (Cappai e Marras 2007:. 21-33) e riferiti, in entrambi i casi, ad elementi di una copertura litica a filari aggettanti. Nelle residue pareti aggettanti della capanna di Sa Costa è stata riscontrata la compatibilità della curvatura d’intradosso con quella di una moderna struttura rurale realizzata interamente in pietra (pinnetta), dimostrando l’attendibilità dell’ipotesi della copertura litica nella capanna nuragica (Cappai e Marras 2007: 21-33). Al Brunku ʼe s’Omu il dato è intuibile, inoltre, dall’evidente aggetto del paramento murario interno (Fig. 8). 

Fig. 10 - Veduta dell’interno della capanna 16 (foto R. Cicilloni).

 

Lo spesso deposito di crollo (US 1) è apparso, man mano che si procedeva verso il basso, piuttosto uniforme, senza alcuna variazione stratigrafica che potesse lasciar intendere intervalli temporali; nel corso dello scavo la terra, frammista fra i conci delle murature, si è sempre presentata sciolta, di color giallo o arancio e caratterizzata dalla presenza di schegge o strumenti in ossidiana. Come osservato nello scavo della capanna 2 e delle aree esterne 8 e 9 dello stesso villaggio di Brunku ʼe s’Omu (Locci, Puddu e Usai 2004: 542-543; Locci 2004: 283; Ragucci e Usai 2004: 343-346; Usai e Locci 2008: 529, 532-533; Fig. 5), la presenza dell’ossidiana nei crolli è stata ricondotta all’utilizzo di terra prelevata nell’area limitrofa, asportando i depositi delle documentate officine/stazioni neolitiche e utilizzata come legante nell’opera muraria (Usai e Locci 2008: 532-533). Un’accettina in pietra verde del tipo noto in ambito Ozieri (Locci 2000: 30), è stata curiosamente rinvenuta in una piccola cavità che si apre nella faccia interna di un concio del paramento settentrionale della capanna 16. 

Al di fuori di questi elementi culturali lo strato di crollo è apparso, come nelle stratigrafie delle capanne già scavate, privo di reperti riconducibili alla fase nuragica o a fasi posteriori ma anche di tracce riconducibili ad eventi ambientali (depositi eolici, incendi, etc.). L’interpretazione è che il crollo sia avvenuto secondo progressive e ravvicinate cadute dei conci dei paramenti e degli elementi di copertura con la conseguente formazione di un deposito uniforme tra gli interstizi.

A seguito della rimozione della US 1 sono state individuate 5 lastre litiche parallelepipedi ben lavorate, collocate lungo i margini orientale, meridionale e occidentale dei paramenti murari. Pur non essendo ultimato lo scavo dello strato archeologico, si può ritenere che questi elementi costituiscano parte dell'arredo della capanna, con funzioni ancora da interpretare. Fin dalla comparsa di queste lastre, l’unità stratigrafica era ancora coerente con il deposito sovrastante. Il proseguimento dello scavo ha permesso di mettere in luce gran parte di questi elementi di arredo: una prima lastra, situata in prossimità del presumibile ingresso, rivolto a SE, si presenta di forma trapezoidale e ben rifinita a martellina su entrambe le facce (Fig. 11); una seconda lastrina di forma parallelepipeda (n. 2), è stata rinvenuta in prossimità di una presunta bassa nicchia che si apre nel paramento SW; la lastra n. 3 è un monolite lavorato a gradino, l’interruzione dello scavo non ha permesso di verificarne la dimensione totale (Fig. 12); altre due (nn. 4 e 5) sono state rinvenute nel paramento E in prossimità di una probabile grande nicchia (Fig. 13): la n. 4 è di fattura analoga alla n. 1 pur di dimensioni inferiori e si presenta ancora fissa nel terreno in posizione verticale, la n. 5 ancora inglobata in un deposito interno alla nicchia mostra angoli arrotondati e nel lato breve un foro di forma sub-quadrangolare di incerta funzione (Fig. 14). Un altro monolite, infine, di forma allungata ma di fattura rozza è stato rinvenuto presso queste ultime due lastre. 

Fig. 11 - Lastra n. 1 (foto R. Cicilloni).

 

Fig. 12 - Lastra n. 3 (foto R. Cicilloni).

 

Fig. 13 -  Lastre nn. 4, 5 (foto R. Cicilloni).

 

Fig. 14 - Lastra 5, particolare dell’incavo quadrangolare (foto G. Paglietti).

 

Si è dunque giunti allo strato archeologico, caratterizzato da un sottile strato di color grigio chiaro di circa 5 cm di spessore (US 2) che si adagiava su un lastricato di pietre ben disposte per circa la metà meridionale della capanna. I primi elementi culturali rinvenuti si riferiscono ad un frammento ceramico decorato a cordoncino, caratterizzato da punti impressi riconducibile ad una ben nota classe di vasi a collo, ampiamente nota nell’ambito della produzione nuragica delle fasi conclusive del Bronzo finale sia in Sardegna che a Lipari (Cavalier e Depalmas 2008; Paglietti 2013). Elementi riconducibili a questo vaso sono stati rinvenuti sparsi in gran parte della capanna: frammenti di collo erano infilati al colmo delle lastre nn. 4 e 5, altri frammenti che presentano una decorazione a cordoncino provengono dal centro della capanna e infine due anse a gomito rovescio dal lato SO (Fig. 15). Tutti questi frammenti ceramici mostrano impasti compatti e superfici ben trattate di color grigio-bluastro. A questi importanti rinvenimenti si aggiungono i resti di un bacile litico frammentario finemente lavorato con due bugne quadrangolari. 

Fig. 15 - Ansa a gomito rovescio (foto G. Paglietti).

 

Nel versante SO della capanna in prossimità della bassa nicchia, a quota -3,35, sono stati messi in luce due massi con evidenti colate di metallo fuso al di sopra (Fig. 16) e prossimo ad essi un particolare masso coerente con la pavimentazione lastricata che presenta una fossetta circolare con ghiera o anello in rilievo. Lo scavo del riempimento di questa fossetta ha permesso di individuare, al suo interno, due unità stratigrafiche distinte, la superiore di pochi centimetri coerente col deposito sovrastante (US 1) e la inferiore più compatta e di colore grigio (US 4) coerente con lo strato archeologico della capanna. A contatto col fondo della fossa è stata rinvenuta un’ansa a gomito rovescio frammentaria (pertinente molto probabilmente al vaso a collo con cordone punzonato) associata ad un piccolo frammento di carbone che sarà oggetto di datazione radiometrica (Fig. 17).

Fig. 16 - Masso con colate di fusione (foto G. Paglietti).

 

Fig. 17 - Ansa a gomito rovescio all’interno del bacile (foto A. Mossa).

 

Una struttura rettangolare, la n. 8, è stata individuata a ridosso del paramento murario orientale: essa appare costituita da due piccoli spazi quadrangolari comunicanti e delimitati da lastre poste a coltello o strutturate in piccoli muretti di pietre sovrapposte (Fig. 18). Lo scavo di questo contesto, non ancora ultimato, non ha restituito per il momento alcun elemento di cultura materiale; è stato però possibile distinguere, al suo interno, una terra di colore rossastro (US 6). Al momento non è possibile proporre un’interpretazione funzionale per tale struttura. 

Fig. 18 - Struttura 8 (foto G. Paglietti).

 

Nell’area settentrionale della capanna, sempre nella US 2, sono stati rinvenuti altri importanti elementi di cultura materiale: una coppa di cottura completamente schiacciata dal crollo, ma interamente ricostruibile, era posizionata in prossimità del paramento settentrionale, accanto ad una macina basaltica a barchetta posizionata con la faccia piana in alto ed infine un supporto ceramico mobile, di forma trapezoidale con ansa ad anello e parte superiore insellata decorato da cerchielli semplici impressi a cannuccia. Questo supporto, utilizzato probabilmente per sostenere contenitori sospesi su braci, è stato rinvenuto integro, miracolosamente scampato all’evento del crollo (Fig. 19). 

Fig. 19 - Supporto ceramico (foto R. Cicilloni).

 

I materiali rinvenuti permettono di riferire preliminarmente l’ultimo momento di occupazione della capanna 16 alla fase conclusiva del Bronzo finale: l’assenza di elementi di fase Geometrica, così come nelle altre capanne dell’abitato, esclude, al momento, la prosecuzione dell’occupazione del villaggio di Brunku ʼe s’Omu nella prima età del Ferro.

 

CONCLUSIONI (R.C.)

Lo scavo, pur non essendo ancora ultimato, mette in evidenza alcuni importanti elementi connessi con le attività che si sono svolte all’interno della capanna 16 durante l’ultima fase di occupazione, collocabile nell’ambito del Bronzo Finale, a cui si riferiscono anche le altre capanne del villaggio. Da una parte le evidenti attestazioni di attività fusoria (massi con tracce di colature metalliche, alcune scorie di fusione), pur in attesa di una determinazione fisico-chimica, ci indirizzano verso l’utilizzo di un settore della capanna per attività metallurgica, al quale potrebbe forse ricondursi anche la fossa ricavata nella lastra del basolato; dall’altra le aree di attività domestiche, riconducono presumibilmente alla preparazione e cottura dei cibi. Tuttavia, al momento, non si hanno elementi sufficienti che provino la relazione temporale tra tali attività.

 

RINGRAZIAMENTI

Gli scavi sono stati resi possibili grazie ad un finanziamento liberale del Comune di Villa Verde: si desidera qui ringraziare tutta l’Amministrazione comunale e in particolare il Sindaco, Prof. Roberto Scema ed il vice Sindaco, Dr. Sandro Marchi, per la sensibilità culturale e civica dimostrata nei confronti del progetto di ricerca e per l’interesse e l’attenzione con cui hanno seguito i lavori, fornendo anche tutto il necessario per quanto riguarda la logistica; l’Amministrazione ha anche messo gentilmente a disposizione del cantiere tre operai comunali (M. Ledda, A. Montisci, D. Troncia) che hanno collaborato fattivamente alle operazioni; corre l’obbligo di ringraziare anche il consigliere comunale Sig. Gianni Ledda per averci affiancato con impegno e passione in tutte le operazioni e per il prezioso e costante aiuto fornitoci.

 

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